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      Ella mi giudica male. Ad esser giudicato male ci sono avvezzo sin da quando è morta mia madre. La colpa n'è in gran parte mia, del mio carattere; però è una cosa amara! Con un po' di orgoglio e di fede in altri giudici o qua o via di qua, si resiste; ma qualche volta anche l'orgoglio e la fede cascano in fondo al cuore; il cuore stesso pare che si sprofondi. Mi lasci dire una parola, signorina Edith. Io non trovo negli uomini che indifferenza e nella fortuna che derisione. Vado tuttavia avanti a fronte alta, finora; ma, creda, è crudele di ferire uno cui tutti voltan le spalle. La prego di darmi il Suo braccio e di ascoltarmi un momento.
      Non credo d'averla offesadisse Edith, appoggiando ancora la mano al braccio di lui "son cose umane."
      Egli prese risolutamente con la sinistra quella mano restìa, allargò il braccio, la trasse avanti e parlò tra la folla indifferente, a voce bassa, con maggior effusione di cuore, con maggior franchezza di spirito che se si fosse trovato solo con Edith in un deserto:
      Cose umane? Sì, certo, ma non la cosa che Lei crede. Non sono guarito come una pianta, a forza di sole e d'aria, dimenticando; ho voluto guarire, con indomita volontà; mi sono strappato dal cuore una febbre maligna che mi avviliva. Perché io non la stimo e non l'ho stimata mai.
      No?
      disse Edith con vivacità involontaria.
      No, mai. Mi creda, Lei che ha l'anima tanto alta. Ho bisogno che qualcheduno come Lei mi creda e abbia un poco d'amicizia per me. Non ne parlo mai a nessuno, sa, ma mi succede spesso, solo come sono, senz'amicizie, senz'amore, senza genio, senza riputazione, senza speranze, mi succede di sentirmi morire nell'altezza in cui mi sforzo di tenere il mio spirito, studiando, lavorando, pensando a Dio.


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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