Nella via, a pochi passi dalla porta degli Steinegge incontrò un editore di seconda riga, a cui era stato presentato e raccomandato, come autore, pochi giorni prima. Colui guardò da un'altra parte, passò senza salutarlo. Che importava mai a Silla di questo, adesso? Si strinse nelle spalle. Poteva ben resistere anche a questo, poteva ben disprezzare quel signore che si credeva lecito d'essere incivile con gli autori di cui non voleva pubblicare gli scritti. Lotterebbe finché avesse sangue nel cervello e nel cuore. E ne aveva ancor molto, ricco di vigorosi pensieri, di dolcezza e di collera. Egli sentiva d'avere molte cose a dire in servizio del vero, molte belle e forti pagine di cose, prima di scendere ignorato e sdegnoso, alla fine della sua giornata, nel sepolcro, con l'altera coscienza di essersi serbato equo a un Dio ingiusto.
Concetto fiero e superbo che, sorto nella solitudine del suo spirito, metteva stupore in lui stesso, gl'infondeva una forza demoniaca. N'era stato tentato altre volte, ma lo aveva respinto sempre. Adesso gli cedeva, se ne ubbriacava. Passando presso il Duomo volle entrarvi, come soleva fare talvolta nelle sue battaglie interne.
Andò a sedere nella navata di mezzo, presso alla croce. Due o tre vecchie signore vestite di nero pregavano allo Scurolo nella luce piovosa delle alte finestre; il passo frettoloso di un chierico si udiva da lontano verso la porta di fianco nelle tenebre; qualche figura esotica si moveva lentamente nel chiarore caldo dei finestroni dell'abside.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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