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      Egli lo aveva offeso con la sua fuga occulta dal Palazzo; lo sapeva per una lettera ricevutane subito dopo, a Milano. Non ne provava rimorso, parendogli aver operato allora onestamente; ma pure gli era acerbo che il conte fosse sceso nella tomba con questo risentimento. Morto! Mezz'ora ancora e vedrebbe il Palazzo, tetro, solenne, pieno di freddo e di silenzio, circondato dalle austere montagne; come uno a cui la morte portò via qualche persona cara, siede impietrato dal dolore fra gli amici muti. E le proprie avversità incomportabili, come le sentiva ora, nello stupore di quell'annuncio, stranamente attenuate! Una porta segreta gli si era spalancata davanti improvvisamente; non vi si vedeva che ombra; ma ne spirava un'aria fredda, piena di calma. Godere, soffrire, amare, quanto durano? Ove finiscono? E, sovra tutto, cosa ne resta?
      Il cuore gli batteva forte forte quando dal colle dell'ultima salita cominciò a discendere verso il lago, che si vedeva luccicare in fondo alla valle tra le frondi dei vecchi castani.
      A mezzo il viottolo che dalla strada provinciale mette al giardino c'era il Rico, grave, col berretto in mano.
      Dunque?
      disse Silla.
      Sempre lo stessorispose il ragazzo.
      Ah, è vivo?
      Signor sì, signor sì. Adesso ci sono già i signori dottori.
      Quali dottori?
      C'è il nostro, quello nuovo, e il signor padre Tosi. È arrivato da Lecco stamattina. Aspetti. Ci ho un biglietto per Lei dalla signora donna Marina. Lei non deve dire a nessuno che ha trovato me, e io ho da dir niente che ho trovato Lei.


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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