Durante la giornata il conte non aveva migliorato né peggiorato. Alla sera il medico era stato contento di trovare un po' di febbre che si era forse anche accresciuta nella notte. La fisionomia pareva alquanto ricomposta, l'occhio era meno vitreo, e anche le labbra, ogni tanto si provavano di articolare qualche parola. La Giovanna sperava che se potesse riconoscere Silla, ne avrebbe un gran conforto. "Non può averne altri" diss'ella.
E il matrimonio?
chiese Silla.
Ah signore!
rispose la Giovanna. "Non so niente. La signora donna Marina non ha mai posto piede fuori della sua camera dal 29 di sera in poi. Pare che sia ammalata perché ieri mattina s'è fatta portare una quantità di ghiaccio. Non vuol vedere né il suo fidanzato né la signora contessa. Da lei non ci va che la sua cameriera e il ragazzo; sa, il barcaiuolo. Oh Signore, per me già desidero solo che guarisca il signor padrone e poi per tutto il resto...! Venga, venga. Chi sa come sarebbe contento se lo potesse riconoscere!"
Appena si vedeva, entrando nell'afa della camera, la testa dell'infermo come una macchia oscura sul cuscino biancastro, e seduto, presso alla finestra socchiusa, il medico curante. La Giovanna si accostò al letto con Silla, si chinò su quella povera testa e sussurrò qualche parola. Il conte guardò Silla con due occhi torbidi, poi si volse lentamente a Giovanna e mosse le labbra. Ella vi accostò l'orecchio, raccolse a stento questa parola:
Beive.
Per lunghi anni non gli era venuta alla bocca parola alcuna nel dialetto natìo, se non in qualche momento di sdegno; tornavano adesso nelle ombre sinistre della morte.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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