Silla lo evitò, attraversò il cortile per uscire dal cancello. Passò accanto alla porticina della darsena, guardò le barche, guardò su per la scaletta segreta che serve all'ala destra del Palazzo. Vuoto e silenzio. Oltrepassò il cancello e, fatti pochi passi sulla strada di N... si voltò.
Lassù la nota finestra d'angolo era chiusa. Il sole, declinando, batteva sulle persiane, sulla grande muraglia grigia, scintillava sulla magnolia lucida del giardinetto pensile. Di vita umana non vi era indizio. Silla fece un lungo passeggio vagando per i sentieri più solitari e tornò al Palazzo dalla stessa parte. La finestra era ancora chiusa benché il sole non battesse ormai più che sui tetti. Silla rientrò in casa, con il presentimento che Marina non avrebbe dato segno di vita durante il giorno, ma che la vedrebbe nella notte.
2. Un mistero
Il pranzo fu triste. Il padre Tosi si alzò da tavola subito dopo la minestra per andare dal conte, e non ritornò più. La contessa e Nepo mangiavano compunti. Il signor Vezza aveva voglia di chiacchierare, temendo che quel silenzio malinconico gli preparasse una digestione laboriosa. Scelse a interlocutore l'avvocato Mirovich e gli parlò di Venezia, de' suoi amici di colà, del caffè e pannera in gelo, dell'Istituto Veneto e delle gondole, tirando in mezzo Virgilio per amore o per forza:
Convolsum remis, rostrisque tridentibus aequor.
L'avvocato si seccava e rispondeva corto, ma il commendatore tirava via a ronzare, fra un boccone e l'altro, arrischiando qualche sorriso, tanto sano a pranzo.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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