L'uscio del corridoio, che il conte chiude sempre quando va a letto, era aperto. Sul letto fu trovato da Giovanna un guanto, questo."
Egli trasse di tasca un guanto piccolissimo. Il Vezza e Nepo lo afferrarono insieme, corsero alla finestra per esaminarlo bene. Nepo esclamò subito:
Buon Dio, non è un guanto. Fu, chissà quando, un guanto 5 1/4 o 5 1/2, a un sol bottone; un guanto da ragazzina di dodici anni: adesso è un cencio scolorato, ammuffito.
Bene, quel cencio, che non può appartenere al conte, non cadde sul suo letto, ma vi fu gettato, perché il letto è assai largo e il guanto si trovò confitto fra il capezzale e la parete. Il candeliere del conte, lo smoccolatoio, la tazza che egli è solito tenere sul tavolino da notte, si trovarono sparsi a terra, presso l'uscio. Deve averli scagliati lui in un impeto d'ira dopo aver cercato invano, a tastoni, gli zolfanelli che dovette rovesciare dal tavolino perché si trovarono disseminati a piè del letto. La tazza fu certo scagliata, ed era piena d'acqua, perché se ne trovarono spruzzi sul pavimento, se ne trovò bagnata la manica destra della camicia del conte. Io poi vado avanti, e siccome la tazza era tuttavia intera, dico che percosse un corpo molle e cedevole, tale da spegnere il colpo e da render possibile ch'essa cadesse a terra senza spezzarsi. Cosa poté essere? Ma è evidente cosa poté, cosa dovette essere. Dovette essere l'abito a cui apparteneva questo bottone.
Nepo afferrò il bottone che il frate gli tendeva. Era un grosso bottone coperto di stoffa azzurra e bianca.
| |
Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
|
|
Giovanna Vezza Nepo Dio
|