Non quidisse Marina.
Il Vezza e il Mirovich fecero atto, un po' tardi, di ritirarsi. I Salvador non si mossero.
Restino puresoggiunse Marina. "Ho bisogno di prendere aria. Scende in giardino, signor Silla?"
Questi s'inchinò daccapo.
In giardino?
esclamò la contessa Fosca con uno scatto di malcontento.
Con questo fresco?
soggiunse poi. "Non mi pare..."
Con questo umido?
disse Nepo. "Piuttosto in loggia."
Buona seradisse Marina. "Faccio un giro e poi rientro nelle mie camere."
Nepo volle replicare qualche cosa, s'imbarazzò, balbettò poche parole. Donna Marina fece un passo verso l'uscio e guardò fisso Silla, che venne ad aprirglielo. "Buona sera" diss'ella ancora, uscendo.
Nessuno le rispose.
Marina discese lentamente, con piedi silenziosi di fata, in mezzo alla larga scala semioscura. Silla le teneva dietro, stretto alla gola da commozioni inesprimibili, quasi cieco. Ancora un momento e sarebbe stato solo con lei, nella notte.
La porta a vetri che mette in giardino era spalancata. Il lume del vestibolo, oscillando all'aria notturna, mostrava di fuori un lembo di ghiaia rosea; presso all'uscio, sopra una sedia, lo scialle bianco di Marina. Ella lo porse a Silla, si fermò perché glielo posasse sulle spalle. Le loro mani si incontrarono; eran gelate.
Fa freddodisse Marina, stringendosi lo scialle sul petto. Pareva un'altra voce; quasi tremante. Silla non rispose; credeva ch'ella gli sentisse il cuore a battere. Le posò un momento le mani alle braccia quasi per ravviarle lo scialle. Ella trasalì; le spalle, il seno le si sollevarono.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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