Uscì senza dire parola, fece una cinquantina di passi nel viale e s'appoggiò alla balaustrata, guardando il lago.
La notte era oscura. Poche stelle lucevano nel cielo nebbioso fra le enormi montagne nere che affondavano l'ombre nel lago. Il gorgoglio delle fontane, il canto lontano dei grilli nelle praterie, andavano e venivano col vento.
Silla non vedeva che la elegante figura bianca, curva sulla balaustrata presso a lui.
Ceciliadisse piano accostandosele.
Ell'appoggiava il mento alle mani congiunte. Ne stese una a Silla senza voltar la testa, e gli disse appassionatamente:
Sì, mi chiami sempre così. Si ricorda?
Egli strinse con ambedue le proprie quella mano di raso odoroso. Temeva di esser freddo, di non aver neppur sensi in quel momento. Se la recò alle labbra, ve le impresse, veementi, sul polso.
Mi dica: si ricorda?
ripeté Marina.
Oh Cecilia!
diss'egli.
Le voltò la mano, vi abbassò rapidamente il viso sul palmo, se la serrò sugli occhi, parlò convulso:
Non v'è più mondo, se sapesse, per me! non vi son parenti, né amici, né passato, né avvenire: niente, niente; non v'è che Lei, mi prenda, mi prenda tutto!
Voleva esaltarsi e vi riusciva. Si trasse quel piccolo palmo sulla bocca; pensò alla propria vita amara, al mondo ingiusto, vi soffocò uno spasimo di passione che dovette entrar nel sangue di lei, attraversandolo sino al cuore.
No, nodiceva ella con voce interrotta, mancante, "adesso no." Avevan la febbre tutti e due.
Quando si è ricordato?
disse Marina.
Ella era fissa nell'idea di Cecilia Varrega, che avrebbe ritrovato, nella seconda esistenza terrena, il suo primo amante.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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