Allora egli immaginava lanciarsi smanioso d'ira dal letto, e tutto si confondeva nella sua mente in una torbida visione a cui intendeva ansando, come se sulla porta della morte gli apparisse, al di là, un pauroso dramma sovrumano.
C'era un peggioramento improvviso, la paralisi minacciava il polmone.
Il Palazzo non era parso mai così cupo come quella notte, malgrado i lumi che vi vegliarono fino all'alba.
3. Quiete
Come hanno fatto bene! Come hanno fatto bene!
ripeteva Marta correndo su per la scala della canonica a portar le valigette di Edith e di suo padre nelle stanze preparate per essi, a spalancar porte e finestre. Gridava dall'alto a don Innocenzo:
È contento, mo?
Tornava giù in furia, tutta scalmanata, veniva a protestare che la canonica non era il Palazzo, che non avrebbero trovato questo, che non avrebbero trovato quello. Ardeva dalla voglia di dare un bacio a Edith, ma non osò. Steinegge, impolverato come una vecchia bottiglia di Bordeaux, protestava dal canto suo contro tanti complimenti, esclamando, giungendo le mani, gesticolando: e don Innocenzo, cui lucevano gli occhi dal piacere, gli dava ragione contro Marta, diceva di credere che sicuramente i suoi ospiti si sarebbero trovati bene in casa sua: altrimenti non li avrebbe pregati di venire. Allora Marta si voltava contro il padrone. "Ma ha da dire queste cose Lei? Ma tocca a Lei dire queste cose?" "Bene bene" rispondeva il povero prete vedendola inalberarsi "via, via, chetatevi. - Oh bella" soggiungeva poi, volto agli Steinegge "ho visto che ha lavorato tanto, che ha preparata tanta roba!
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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