Il suo orticello gli pareva meraviglioso e se ne teneva: parlava del grossolano coltivatore come se il verde uscito dai pochi granellini sparsi sulle aiuole, e i fiori usciti dal verde, e i frutti dai fiori fossero tanti miracoli suoi. E ora Steinegge, un altro botanico profondo, spargeva a destra e a sinistra, sulle fragole e sui piselli, i suoi grossi complimenti, difendendosi con altri complimenti da Marta che gli veniva dietro per spazzolargli il soprabito. Edith s'indugiava a guardar distratta il verde un po' freddo dei prati sotto il cielo nuvoloso, a odorar i bottoni di rosa. Puro odore pio! Faceva pensare alla preghiera d'un bambino. Ma don Innocenzo beveva voluttuosamente le profane lodi di Steinegge con dei: "Non è vero? Eh! dica la verità!" Dopo i piselli fece vedere a' suoi ospiti le novità della casa. Prima Veuillot, un passero solitario, chiacchierone impertinente, al quale era rimasto quel nomignolo dopo che un allegro prete, seccato dal suo cicaleccio continuo, si era voltato a gridargli: "Taci, Veuillot." "E io mi godo di tenerlo in gabbia" soggiunse ferocemente don Innocenzo, raccontato l'aneddoto. Aveva pure a mostrare de' nuovi tegami preistorici trovati scavando le fondamenta della cartiera, del gran dado bianco che si vedeva sorgere laggiù oltre i pioppi del fiumicello, in mezzo a una chiazza nerastra, a una piaga schifosa del verde. Don Innocenzo era ancora entusiasta della cartiera, forse anche un po' per la scoperta dei suoi tegami. Passando per lo studio, Steinegge chinò un momento il capo a un libro aperto sullo scrittoio davanti al seggiolone di Don Innocenzo.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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