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      Edith si fermò un momento sulla soglia.
      Come è bello!
      diss'ella.
      Tutto il cielo era terso fra i profili taglienti dei monti e delle colline sin giù nel ponente, dove la stella della sera discendeva scintillante. Tirava vento. Dietro alla chiesa, sul monte, le macchie stormivano. La valle pareva un immenso drappo scuro, mal disteso a piè delle limpide stelle ignude.
      Peccato che non è luna!
      osservò Steinegge.
      Edith disse che qualche volta preferiva alla luna la luce non sentimentale delle stelle. Il suo pensiero era che la luna, piccola terra, piccola schiava nostra, forse un tempo congiunta al pianeta, blandisce col suo lume certe passioni terrene, ammollisce i cuori; mentre le stelle austere, indifferenti, a noi, esaltano lo spirito. Questo era il suo pensiero, ma non lo spiegò. Fece solo osservare a don Innocenzo, che quella sera la luce di Venere era tanto forte da segnare ombre sul muro bianco della chiesa.
      È quasi come la lunadiss'ella "e dolce anche questa, ma a me pare più pia."
      Tutto le pareva pio in quella disposizione di spirito, anche la voce del vento dietro la chiesa.
      Come va al Palazzo?
      chiese don Innocenzo che doveva scendere a visitare una ragazzina inferma.
      Un poco meglio, pare un poco meglio; pare che l'attacco al polmone è passato.
      Oh Edith, questa casa, questa casa!
      esclamò Steinegge dopo che don Innocenzo se ne fu andato.
      Oh!
      Egli fece tre gran passi avanti, alzando le braccia, agitando le mani distese.
      Edith non parlò fino al cancello della canonica.
      Credevo che non venissero più


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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