Veniva su per la scala il chiarore d'un altro lume. Qualcuno chiamò dal basso:
Signora Fanny, signora Fanny!
Era il cameriere che saliva affannato col lume in mano. Domandò a Fanny, senza badare agli altri due, se avesse un crocifisso.
No, no, nella camera della signora Giovanna, nella camera della signora Giovanna!
gli gridò dietro, dal fondo, la voce di Catte. Fanny si mise a singhiozzare, e il cameriere, fatto un gesto di fastidio, ridiscese, scambiò parole veementi con Catte. Una porta lontana s'aperse, qualcuno zittì sdegnosamente. Subito dopo la voce tranquilla del medico disse forte:
Ghiaccio!
Voci sommesse, frettolose, ripetevano:
Ghiaccio, ghiaccio!
Marina non correva più, scendeva adagio adagio, trepida suo malgrado. Le ombre del Palazzo erano piene di terrore augusto; quelle voci spaventate, quei lumi di cui si vedevan qua e là fugaci riverberi, lo accrescevano. Prima ch'ella mettesse piede sul corridoio del piano inferiore, passarono il Vezza ed il Mirovich, senza cravatta né solino; curvi, frettolosi. Il giardiniere che recava il ghiaccio li raggiunse, li urtò col gomito, passò lorodavanti. Improvvisamente si udì la voce sonora di don Innocenzo:
Renova in eo, piissime Pater, quidquid terrena fragilitate...
Poi più nulla. Certo un uscio era stato aperto e richiuso.
Marina e Silla uscirono sul corridoio seguiti da Fanny, videro il Vezza e il Mirovich aprir piano piano l'uscio del conte, scivolar dentro; udirono ancora per un istante, la voce di don Innocenzo:
Commendo te omnipotenti Deo.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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