Potevano essere le due. Faceva fresco. Il cielo si era tutto coperto daccapo di nuvole malinconicamente chiare fra la luna invisibile, appena spuntata, e il tacito specchio del lago.
Vien qua!
disse il curato. "Dove vai?"
Vado a pigliar la medicina.
Cosa c'è?
Che senta!
Le grida ricominciarono, in quel momento, più distinte. Don Innocenzo s'affacciò alla balaustrata, guardò in alto a destra, vide illuminata la finestra d'angolo del piano superiore. La voce veniva di lassù. Adesso parevano rimproveri, imprecazioni, poi lamenti, poi silenzio.
È la signora donna Marina
disse il Rico sottovoce. "È come matta. C'è su il signor dottore e il signor Silla. La gliene dice di tutti i colori al signor Silla."
Non c'è nessun altro?
C'è anche la mia mamma. C'è stata un momento la signora Fanny, ma è scappata.
E tu cosa vai a prendere?
Lo so io? Il signor dottore ha detto un certo nome come corallo. E mi ha detto di chiamare la Luisa del Battista per venire a curarla.
Don Innocenzo si tolse la lettera di tasca e la diede al ragazzo.
Portaladiss'egli "nella camera del signor Silla e poi discendiamo insieme."
Anche nell'altr'ala del Palazzo cominciava allora un'agitazione sorda.
Da più d'una fessura d'uscio trapelavan lume e bisbigli. I fili dei campanelli trasalivano, sussultavano impazienti: se ne udiva strillar lontano la voce chiara, imperiosa. Sulle scale don Innocenzo e il Rico trovarono Momolo che scendeva con un lume.
Forse si va!
diss'egli. Essi non risposero.
Esciti che furono dal Palazzo, il Rico partì di corsa per la sua missione, il curato si incamminò lentamente guardando i grandi cipressi pensosi.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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