Del resto, a quella signora bisogna pensarci sul serio e subito. Qui non può stare."
Provvederemorispose il Vezza. "Adesso Lei va dalla Giovanna?"
Vado dalla Giovanna.
E ci rivedremo alle cinque?
Alle cinque.
Oh sì, ho un gran piacere che allora Lei si trovi qui.
Io partirò alle cinquedisse Silla.
Il commendatore parve poco contento.
A che oradiss'egli "passa da... l'ultimo treno per Milano?"
Alle nove e mezzo.
Oh, allora può partire anche dopo le sei. Così vede come va questo pranzo.
Il dottore uscì. Gli altri due sedettero al tavolo e ricominciarono a lavorare.
Il vento durava a fischiare e urlare, le onde schiamazzavano intorno al Palazzo, selvaggi spettatori accorsi a un dramma che non cominciava mai, invasi dalle furie dell'impazienza. Era, intorno alle vecchie mura impassibili uno scatenamento di passioni feroci che volevano subito lo spettacolo, volevano veder soffrire, morire, se possibile, uno di questi piccoli re superbi della terra. Che si aspettava? Le onde schiaffeggiavano, insultavano l'edificio, balzavano sullo scoglio a piè della loggia, tempestavano su tutte le rive, si rizzavan lontano, le une dietro le altre, con un largo clamore di folla fremebonda. Il vento saltava a destra, a sinistra, in alto, in basso, impazzito, furioso, passava e ripassava per la loggia stridendo, ingiuriando gli attori invisibili. Anche i cipressi grandi dondolavan la punta, le viti stormivano, i gelsi e i miti ulivi sparsi pe' campicelli si contorcevano, si dimenavano, colti dalla stessa follìa. Le montagne guardavan là, severe.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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