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      Ma la scena taceva sempre: i personaggi si tenevano ancora nascosti.
      Dopo le tre, infuriando sempre il vento, entrarono in loggia Fanny, il cameriere, il giardiniere e il Rico, si affacciarono alle arcate verso il lago, guardando un po' il cielo, un po' i monti, un po' le onde tumultuanti al basso, che urlavano "no, no, non voi!". Parvero consultarsi. Fanny uscì dalla porta di destra gittando col braccio sinistro una imprecazione al cielo ed alla terra; gli altri rimasero. Ella tornò subito, probabilmente con gli ordini della sua padrona, e i tre colleghi le si raccolsero attorno. Uscirono poi tutti insieme da sinistra e rientrarono con un gran tappeto scuro quasi nero, che stesero dalle tre arcate posteriori della loggia a tre delle cinque anteriori, lasciando scoperti a destra e a sinistra due spicchi di pavimento. Poi il giardiniere, aiutato da suo figlio e da due garzoni, portò su dal giardino, con due barelle, moltissimi vasi di camelie, d'azalee, di cinerarie e di calceolarie in fiore e quattro grandi dracene australes. Si portarono pure due gradinate rustiche di legno e si addossarono ai fianchi della loggia tra le due porte e la balaustrata posteriore. Fanny e il cameriere portarono tre piccoli tavoli, quattro poltrone cremisine e una elegantissima giardiniera di metallo dorato, dono giunto a Marina due settimane prima dalla signora Giulia De Bella. Poi donna Marina stessa, stretta nel suo scialletto bianco che le disegnava le forme, entrò lentamente, negligentemente in loggia, si fermò davanti all'arcata di mezzo e cominciò a dare degli ordini senza muovere un dito, indicando i luoghi e le cose col girar della persona e del viso.


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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