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      Le voci che più si udivano erano quelle del marchese e di donna Eugenia. Il grande naso aristocratico del Bianchi, il suo fine sorriso di galante cavaliere si volgevano spesso alla bellezza, languente ma non ancora spenta, della dama. Milanesi ambedue del miglior sangue, si sentivano uniti in una certa superiorità non solamente rispetto ai piccoli borghesi della mensa, ma rispetto altresì ai padroni di casa, nobili provinciali. Il marchese era l'affabilità stessa e avrebbe conversato amabilmente anche col commensale più modesto; ma donna Eugenia, nell'amarezza dell'animo suo, nel suo disgusto del luogo e delle persone, s'attaccò a lui come al solo degno, marcatamente anche per far dispetto agli altri. Ella lo imbarazzò dicendogli forte che non capiva com'egli potesse essersi innamorato dell'orrida Valsolda. Il marchese, che vi si era ritirato da molti anni a vita quieta e vi aveva veduto nascere la sua unica figliuola, donna Ester, rimase sulle prime un poco sconcertato da quel discorso insolente verso parecchi dei convitati, ma poi fece una briosa difesa del paese. La marchesa non mostrò turbarsi; il Paolin, il Paolon e il prefetto, valsoldesi, tacevano con tanto di muso.
      Pasotti recitò solennemente un ampolloso elogio del "Niscioree", la villa Bianchi, presso Oria. Il Bianchi, leale uomo, che in passato non aveva avuto troppo a lodarsi del Pasotti, non parve gradir l'elogio. Egli invitò la Carabelli al Niscioree. "A piedi no, tu, Eugenia", disse la marchesa, sapendo che l'amica sua era tribolata dallo spavento d'ingrassare.


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Piccolo mondo antico
di Antonio Fogazzaro
pagine 421

   





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