Franco, che sulle prime pareva pensare a tutt'altro, si scosse e lanciò a Pasotti un'occhiata sprezzante.
Dopo tutto
, soggiunse la marchesa, "trovo che col pretesto della musica manoscritta si potrebbe benissimo..."
Certo!
, disse il Paolin, austriacante per paura, mentre la padrona di casa lo era per convinzione.
Il marchese, che nel 1815 aveva spezzata la spada per non servire gli Austriaci, sorrise e disse solo:
Là! C'est un peu fort!
.
Ma se tutti sanno ch'è una bestia, quel Ricevitore!
, esclamò Franco.
Scusi, don Franco...
, fece Pasotti.
Ma che scusi!
, interruppe l'altro. "È un bestione!"
È un uomo coscienzioso
, disse la marchesa, "un impiegato che fa il proprio dovere."
Allora le bestie saranno i suoi padroni!
, ribatté Franco.
Caro Franco
, replicò la voce flemmatica, "questi discorsi in casa mia non si fanno. Grazie a Dio non siamo mica in Piemonte, qui." Pasotti fece una sghignazzata d'approvazione. Allora Franco, preso furiosamente il proprio piatto a due mani lo spezzò d'un colpo sulla tavola. "Jesüsmaria!", esclamò il Viscontini, e il Paolon, interrotto nelle sue laboriose operazioni di mangiatore sdentato: "Euh!". "Sì, sì", disse Franco alzandosi con la faccia stravolta, "è meglio che me ne vada!" E uscì dal salotto. Subito donna Eugenia si sentì male, bisognò accompagnarla fuori. Tutte le signore, meno la Pasotti, le andaron dietro da una parte mentre il domestico entrava dall'altra portando un pasticcio di risotto. Il Puria guardò Pasotti con un riso trionfante, ma Pasotti finse di non avvedersene.
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