Mise un gran respiro. Ah come stava bene lì, solo, ah che pace, ah che aria diversa da quella del salotto, che aria cara, piena de' suoi pensieri e de' suoi amori! Aveva un gran bisogno di abbandonarsi ad essi ed essi lo ripresero subito, gli cacciaron di mente le Carabelli, il Pasotti, la nonna, il bestione del Ricevitore. Essi? No, era un pensiero solo, un pensiero fatto di amore e di ragione, di ansia e di gioia, di tanti dolci ricordi e insieme di trepida aspettazione, perché qualche cosa di solenne si avvicinava e sarebbe giunto nelle ombre della notte. Franco guardò l'orologio. Erano le quattro meno un quarto. Ancora sette ore. Si alzò, si buttò a braccia conserte sul davanzale della finestra.
Ancora sette ore e comincerebbe per lui un'altra vita. Fuori delle pochissime persone che dovevano prender parte all'avvenimento, nemmanco l'aria sapeva che quella sera stessa, verso le undici, don Franco Maironi avrebbe sposato la signorina Luisa Rigey.
La signora Teresa Rigey, madre di Luisa, aveva un tempo lealmente pregato Franco di piegare al volere della nonna, di astenersi dal visitar la sua casa, di non pensare più a Luisa, la quale, dal canto suo, era stata contenta che per la dignità della famiglia, per il decoro di sua madre, si troncassero le relazioni ufficiali, ma non dubitava della fede di Franco né d'essergli già legata per sempre. Egli studiava ora leggi, privatamente, all'insaputa della nonna, per dedicarsi a una professione e aver modo di bastare a sé. Ma la signora Teresa contrasse da tante agitazioni una malattia di cuore che nel 1851, in fine d'agosto, si aggravò subitamente.
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