Cosa c'è di nuovo?
, chiese l'ingegnere alquanto brusco. Egli, l'uomo più retto e schietto che fosse al mondo, compativa poco le esitazioni del povero timido signor Giacomo.
La permetta
, cominciò il Puttini; e, voltosi alla serva, le disse aspramente:
Andè via, vu; andè in cusina; vegnì quando che ve ciamarò; andè, digo! Obedì! Abiè rispeto! Comando mi! Son paron mi!
Era la curiosità della serva, la sua noncuranza impertinente delle istruzioni superiori che accendevano nel "sior Zacomo" questo furore dispotico.
Euh, che diavol d'on omm!
, rispose colei, alzando rabbiosamente il lume in aria. "L'ha de vosà a quela manera lì? Coss'el dis, scior parent?"
Sentite
, fece l'ingegnere. "Invece di menar la lingua, non fareste meglio ad andar fuori dei piedi?"
Marianna se n'andò brontolando e il signor Giacomo si fece a informare l'ingegnere pregiatissimo con molti ma, se, digo, e propramente, degl'intimi suoi pensieri. Egli aveva promesso di assistere come testimonio alle nozze segrete di Luisa, ma ora, sul punto di andar a Castello, gli era venuta una gran paura di compromettersi.
Era primo deputato politico, come si chiamava allora la suprema autorità comunale. Se il riveritissimo I. R. Commissario di Porlezza venisse a sapere di questo pasticcio, come la intenderebbe? E quella signora marchesa? "Una donna cattiva, ingegnere pregiatissimo; una donna vendicativa." Ed egli aveva già tanti altri fastidi. "Ghe xe anca quel maledeto toro!" Questo toro, soggetto d'una questione fra il comune d'Albogasio e l'alpador o appaltatore dell'Alpe, dei pascoli alti, era da due anni un incubo mortale per il povero signor Giacomo che, quando parlava delle sue disgrazie, incominciava sempre con la "perfida servente" e finiva col toro: "Ghe xe anca quel maledeto toro!
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