Le viscere della vecchia dovettero turbarsi un poco, ma neppure un muscolo del suo viso si mosse. Ella posò le labbra sull'orlo della tazza di cioccolatte, guardò la cameriera e disse pacatamente:
Portatemi uno di quei biscottini di ieri.
Verso le otto la cameriera ritornò per annunciarle che don Franco era venuto e non aveva fatto che salire in camera, pigliarvi il suo passaporto, ridiscendere e incaricare il cameriere di trovargli un barcaiuolo che lo conducesse a Lugano. La marchesa non fiatò, ma più tardi mandò ad avvertire il suo confidente Pasotti che lo aspettava. Pasotti capitò subito e si trattenne con lei una buona mezz'ora. La dama voleva assolutamente sapere dove e come suo nipote avesse passata la notte. Pasotti aveva già raccolte e poté offrire certe voci vaghe intorno a una visita notturna di don Franco in casa Rigey; ma si desideravano notizie esatte e sicure. Il sagace Tartufo, curioso per natura come un bracco che va fiutando tutte le puzze, ficcando il muso in tutti i buchi e strofinandolo a tutti i calzoni, promise di fornirle alla signora marchesa dentro un paio di giorni, e se ne andò con gli occhi scintillanti, fregandosi le mani nell'aspettazione di una piacevole caccia.
5. Il "bargnìf" all'opera
La mattina seguente, Pasotti, preso il caffè e latte e meditato il piano di caccia fino alle dieci e mezzo, fece venire la signora Barborin, che dormiva in un'altra camera perché al Controllore, ella lo chiamava umilmente così, dava noia il suo russare. "El ga reson", diceva la povera sorda, "l'è on gran malarbetto vizi che goo.
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