Il funerale doveva seguire l'indomani mattina alle nove. Ell'aveva desiderato che si differisse il più possibile e voleva star con la mamma fino all'ultimo. Vi era nella sua sottile persona una indomita vigoria, eguale a ben altre prove. Per lei la mamma era tutta lì su quel lettuccio, tra i fiori. Non pensava che una parte di lei fosse altrove, non la cercava per la finestra di ponente nelle stelline che tremolavano sopra i monti di Carona. Pensava soltanto che la mamma cara, vissuta da tanti anni per lei sola, non d'altro sollecita in terra che della felicità sua, dormirebbe fra poche ore e per sempre sotto i grandi noci di Looch, nella solitudine ombrosa dove tace il piccolo cimitero di Castello, mentre ella si godrebbe la vita, il sole, l'amore. Aveva risposto a Franco quasi aspramente come se l'affetto del vivo offendesse in qualche modo l'affetto della morta. Poi le parve averlo mortificato, si pentì, gli diede un bacio e sapendo di far cosa a lui grata, di far cosa che la mamma si era certo attesa da lei, volle pregare. Si mise a recitar macchinalmente dei Pater, degli Ave e dei Requiem, senza provarne soddisfazione alcuna, sentendo anzi una segreta contrarietà, uno sgradito disseccarsi del dolore. Ell'aveva praticato sempre ma, spenti i fervori della prima comunione, non aveva più partecipato con l'anima al culto. Sua madre era vissuta piuttosto per il mondo futuro che per questo, si era governata in ogni azione, in ogni parola, in ogni pensiero secondo quel fine. Le idee e i sentimenti di Luisa, nel suo precoce sviluppo intellettuale, avevano preso un altro corso con la risolutezza vigorosa ch'era del carattere di lei; ella li copriva però di certa dissimulazione, parte conscia, parte inconscia, sia per amore della mamma, sia per la resistenza di germi religiosi seminati dalla parola materna, coltivati dall'esempio, rinvigoriti dall'abitudine.
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