E adesso andiamo in giardino. A proposito! Quando entra da Lugano qualche cosa per la marchesa Maironi..."
Lo Zérboli compié le frase con un gesto di graziosa larghezza e s'incamminò seguito dal mastino, alquanto mogio.
La signora Peppina si fece trovare ad annaffiar i fiori con l'aiuto di un ragazzotto. Il Commissario guardò, ammirò e trovò anche modo di dar una lezioncina al poliziotto subalterno. Lodando quei fiori trasse destramente la Bianconi a nominar Franco e sulla persona di Franco non si fermò affatto come se non gliene importasse nulla. Si tenne ai fiori, affermò che Maironi non poteva averne di più belli. Strilli, gemiti e giaculatorie dell'umile signora Peppina che perfino si vergognava d'un paragone simile. E il Commissario insistette. Ma come? Anche le fuchsie di casa Maironi erano più belle? Anche le vainiglie? Anche i pelargoni? Anche i gelsomini?
I gesümin?
, fece la signora Peppina. "Ma el sür Mairon el gà el pussee bell gesümin de la Valsolda, cara Lü!"
Così il Commissario venne poi a sapere molto naturalmente che il famoso "gesümin" non era ancora fiorito. "Vorrei vedere le dalie di don Franco", diss'egli. La ingenua creatura si offerse di accompagnarlo a casa Ribera quel giorno stesso: "Gavarissen inscì mai piasè". Ma il Commissario espresse il desiderio di attendere la venuta dell'I. R. ingegnere in capo della provincia per avere occasione di riverirlo e la signora Peppina fece "eccola!" in segno della sua soddisfazione. Intanto il mastino, umiliato da quell'arte superiore, desiderando mostrar in qualche modo che almeno dello zelo ne aveva anche lui, afferrò per un braccio il ragazzotto dall'annaffiatoio e lo presentò.
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