Lo zio non le diceva paroline dolci, le faceva, occorrendo, qualche piccola riprensione, ma le portava sempre giuocattoli, la conduceva spesso a passeggio, se la faceva saltar sulle ginocchia, rideva con lei, le diceva canzonette comiche, quella che cominciava col "Missipipė" e un'altra che finiva:
Rispose tosto Barucabā.
Chi era mai Barucabā? E cosa gli avevano domandato?
Toa Bā, toa Bā!
, diceva Maria; "ancora Barucabā, ancora Barucabā!" Lo zio le ripeteva allora la poetica storia ma nessuno la sa pių ripetere a me.
Ecco di che parlava a Luisa, con la sua voce timida e gentile, il professore Gilardoni, diventato un tantin pių vecchio, un tantin pių calvo, un tantin pių giallo. "Chi sa", aveva detto Luisa, "se Maria somiglierā alla nonna come nel viso anche nell'anima?" Il professore rispose che sarebbe stato un miracolo avere in una famiglia, a cosė poca distanza, due anime simili. E volendo spiegare a quale rarissima specie fosse appartenuta, nel suo concetto, l'anima della nonna, mise fuori il seguente garbuglio. "Vi sono", diss'egli, "anime che negano apertamente la vita futura e vivono proprio secondo la loro opinione, per la sola vita presente. Queste non sono molte. Poi vi sono anime che mostrano di credere nella vita futura e vivono del tutto per la presente. Queste sono alquante pių. Poi vi sono anime che alla vita futura non pensano e vivono perō in modo da non mettersi troppo a repentaglio di perderla se c'č. Queste sono pių ancora. Poi vi sono anime che credono veramente nella vita futura e dividono pensieri e opere in due categorie che fanno quasi sempre ai pugni fra loro: una č per il cielo, l'altra č per la terra.
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