Avrebbe dovuto temerlo e non desiderarlo, il denaro.
Buona lagata!
, gridò lo zio dalla terrazza vedendo il battello e Luisa seduta sulla prora, nel chiaro di luna. In faccia al nero Bisgnago tutta la Valsolda si spiegava dal Niscioree alla Caravina nella pompa della luna, tutte le finestre di Oria e di Albogasio come le arcate di Villa Pasotti, come le casette bianche dei paeselli più lontani, Castello, Casarico, S. Mamette, Drano, parevano guardare, come ipnotizzate, il grande occhio fisso della Morta del cielo.
Franco tirò i remi in barca. "Canta", diss'egli.
Luisa non aveva mai studiato il canto ma possedeva una dolce voce di mezzo soprano, un orecchio perfetto e cantava molte arie d'opera imparate da sua madre che aveva udito la Grisi, la Pasta, la Malibran durante l'età d'oro dell'opera italiana.
Cantò l'aria di Anna Bolena:
Al dolce guidamiCastel natìo
il canto dell'anima, che prima scende e si abbandona poco a poco, per più dolcezza, all'amore, e poi, abbracciata con esso, risale in uno slancio di desiderio verso qualche alto lume lontano che tuttavia manca alla sua felicità piena. Ella cantava e Franco, rapito, fantasticava che aspirasse ad essergli unita pure in quella parte superiore dell'anima che finora gli aveva sottratta, che aspirasse a venir guidata da lui, in questa perfetta unione verso la meta dell'ideale suo. E gli venivano le lagrime alla gola; e il lago ondulante e le grandi montagne tragiche e quegli occhi delle cose fisi nella luna e la stessa luce lunare, tutto gli si riempiva del suo indefinibile sentimento, per cui quando di là dalla spezzata immagine dell'astro luccicori argentei sfavillarono un momento fin sotto il Bisgnago, fin dentro il golfo ombroso del Dòi, se ne commosse come di arcani segni alludenti a lui che si facessero il lago e la luna, mentre Luisa compieva la frase:
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