Era intimo della marchesa e guai se gli veniva il ticchio di farli tribolare! Era un uomo terribile, il Commissario. "El mè Carlo el baia un poo ma l'è on bon omasc; quell'alter là, el baia minga, mah, neh!..." Per esempio, ella non sapeva niente, non aveva udito niente, ma se quel signor avvocato e quell'altro signore fossero venuti per qualche altra cosa invece che per la musica e il Commissario venisse a saperlo, misericordia!
La luna trascinava i suoi splendori per il lago verso le acque di ponente; il giuoco finì e il signor Giacomo si dispose a far accendere il suo lanternino, malgrado le esclamazioni di Pasotti. "Il lume, sior Zacomo? È matto? Il lume con questa luna?". "Per servirla", rispose il signor Giacomo. "Prima ghe xe quel maledeto Pomodoro da passar, e po, cossa voria, adesso, la luna! La diga che la xe la luna d'agosto, anca; perché siben che semo de setembre, la luna la xe d'agosto. Ben! una volta, sì signor, le lune d'agosto le gera lunazze, tanto fate, come fondi de tina; adesso le xe lunete, buzarete... no, no, no." E, acceso il suo lanternino, partì con Pasotti, accompagnato fino al cancello del giardinetto dall'impertinente Pedraglio con le solite antifone sul toro e la servente, si avviò verso gli antri di Oria, col conforto delle giaculatorie di Pasotti: "gente maleducata, sior Zacomo, gente villana!", giaculatorie dette abbastanza forte perché gli altri potessero udire e ridere.
Un sonoro sbadiglio dell'ingegnere mise in fuga la signora Peppina. Pochi momenti dopo, preso il suo solito bicchier di latte, egli tolse commiato poeticamente:
| |
Commissario Carlo Commissario Giacomo Pasotti Zacomo Giacomo Pomodoro Pasotti Pedraglio Oria Pasotti Zacomo Peppina
|