La lettera diceva ch'erano in corso a Torino, a Parigi e a Londra segretissime pratiche per avere la cooperazione armata del Piemonte in Oriente, che la cosa era in massima decisa fra i tre Gabinetti, che restavano solamente a risolvere alcuna difficoltà di forma perché il conte di Cavour esigeva i maggiori riguardi alla dignità del suo paese; che a Torino si era certi di ricevere al più tardi in dicembre l'invito ufficiale delle Potenze occidentali per accedere puramente e semplicemente al trattato del 10 aprile 1854. Si affermava persino che il corpo di spedizione sarebbe comandato da S. A. R. il duca di Genova.
V. leggeva, e Franco teneva stretta la mano di sua moglie. Poi volle leggere egli stesso e dopo lui lesse Luisa. "Ma!", diss'ella. "La guerra all'Austria? Come?"
Ma sicuro!
, fece l'avvocato. "Vuole che Cavour mandi il duca di Genova e quindici o ventimila uomini a battersi per i turchi se non ha in pugno la guerra all'Austria? La signora crede che non passerà un anno."
Franco scosse i pugni in aria con un fremito di tutta la persona.
Viva Cavour
, sussurrò Luisa.
Ah!
, fece l'avvocato. "Demostene non avrebbe potuto lodar il conte con efficacia maggiore."
Gli occhi di Franco s'empirono di lagrime. "Sono uno stupido", diss'egli. "Cosa volete che vi dica?"
Pedraglio domandò a Luisa dove diavolo avesse cacciata la bottiglia. Luisa sorrise, uscì e ritornò subito col vino e i bicchieri.
Al conte di Cavour!
, disse Pedraglio, sottovoce. Tutti alzarono il bicchiere ripetendo: "al conte di Cavour!
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