Allora
, diss'ella, "non resteremo più in Valsolda. Tu dovrai lavorare come cittadino, non è vero?"
Sì, sì, certo!
Si misero a discorrere con gran zelo, l'una e l'altro, di quel che avrebbero fatto dopo la guerra, come per allontanar la idea di una possibilità terribile. Luisa si sciolse i capelli e andò a guardar Maria nel suo lettino. La bimba si era prima, forse, svegliata e s'era posto in bocca un ditino che poi pian piano, tornando il sonno, n'era scivolato fuori. Ora dormiva con la bocca aperta e il ditino sul mento. "Vieni, Franco", disse sua madre. Si piegarono ambedue sul lettino. Il visetto di Maria aveva una soavità di paradiso. Marito e moglie stettero a guardarla in silenzio e si rialzarono poi commossi, non ripresero il discorso interrotto.
Ma quando furono a letto ed ebbero spento il lume, Luisa mormorò sulla bocca di suo marito:
Se viene quel giorno, tu vai; ma vado anch'io
.
E non gli permise di rispondere.
3. Con i guanti
Pasotti, per far la burla più completa, rimproverò sua moglie di avere riferito al signor Giacomo il discorso di don Giuseppe circa la convenienza di quel tale matrimonio. La povera sorda cadde dalle nuvole, non sapeva né di discorsi né di matrimoni, protestò ch'era una calunnia, scongiurò suo marito di non crederci, si disperò, quasi, perché il Controllore mostrava conservar un sospetto. Il maligno uomo si preparava un divertimento squisito; dire al signor Giacomo e a don Giuseppe che sua moglie desiderava rimediare al mal fatto e metter pace, farli trovare tutti e tre insieme a casa sua, star ad ascoltare dietro un uscio la deliziosa scena che seguirebbe fra il signor Giacomo irritato, don Giuseppe atterrito, la Barborin addolorata e sorda.
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