Passarono altri dieci giorni senza novità alcuna, cosicché Franco e Luisa si persuasero che proprio fosse stato teso loro un tranello e che la Polizia non si lascerebbe vedere. La sera del primo ottobre fecero allegramente il tarocco con Puttini e Pasotti e, partiti gli ospiti per tempo, andarono a letto. Luisa, nel baciar la bambina che dormiva, la sentì calda. Le toccò le mani e le gambe. "Maria ha la febbre", diss'ella.
Franco pigliò la candela e guardò. Maria dormiva con la testina piegata sulla spalla sinistra secondo il suo solito. Il bel visetto, sempre accigliato nel sonno, era un po' acceso, la respirazione un po' frequente. Franco si spaventò, immaginò in un momento il morbillo, la scarlattina, il gastrico, l'infiammazione cerebrale. Luisa, più tranquilla, pensò ai vermi, preparò la santonina sul tavolino da notte. Poi padre e madre si coricarono senza rumore, spensero il lume, stettero ad ascoltar con pena il sottile respiro breve della piccina. Si assopirono e furono svegliati intorno alla mezzanotte, da Maria che piangeva. Accesero il lume e Maria si chetò, prese la santonina. Poi uscì da capo a piangere, volle esser portata nel letto grande, fra la mamma e il papà e in breve vi pigliò sonno; ma era un sonno inquieto, interrotto da pianti.
Franco tenne il lume acceso per poterla osservare meglio.
Pendevano, egli e sua moglie, sulla loro creatura quando all'uscio di strada furono precipitosamente battuti due colpi. Franco balzò a sedere sul letto. "Hai udito?", diss'egli.
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