Car el mè don Franco! Car el mè don Franco!
. Si raccolse finalmente in braccio la Maria che le puntò le manine al petto facendo un viso simile a quello di suo padre. "Son vègia, neh? Son brutta, neh? Te piasi no? L'è nient, l'è nient, l'è nient!". E si mise a baciarle umilmente le braccia e le spalle, non osando affrontare il visetto acerbo. Poi disse ai suoi amici che aveva portato loro una bella notizia e gli occhi le brillavano di questo mistero gaudioso. La marchesa aveva scritto a Pasotti e nella lettera c'era un periodo che la Barborin aveva imparato a mente: "Ho appreso con vivo dispiacere (vivo dispiacere, gh'è sü inscì) il triste fatto di Oria... di Oria... (spètta!) il triste fatto di Oria... (ah!) e benché mio nipote nulla meriti, (ciào, quell pacienza!) desidero non abbia cattive conseguenze". Il periodo non ebbe un gran successo. Luisa fece il viso scuro e non parlò; Franco guardò sua moglie e non osò metter fuori il commento favorevole che aveva nella bocca ma non, per verità, nel cuore. La povera Barborin che aveva approfittato della andata di suo marito a Lugano per correre a portar il suo zuccherino, rimase assai mortificata, guardava contrita ora Luisa ora Franco e finì col togliersi di tasca uno zuccherino vero e proprio onde darlo a Maria. Poi, avendo capito che gli sposi desideravano partire in barca e struggendosi di stare un po' con Maria, tanto disse e fece che quelli se ne andarono lasciando l'incarico alla Veronica di metter la bambina a letto un po' più tardi.
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