Franco e Luisa protestarono.
Ci vuol altro! Ci vuol altro!", fece lo zio agitando le braccia, come a dispregio di un sentimentalismo irragionevole. "Viver bene e crepare a tempo. Questa è la regola. La prima parte l'ho fatta, adesso mi tocca di fare la seconda. Intanto mandatemi dell'acqua in camera e aprite la mia borsa. Vi troverete dieci polpette che la signora Carolina dell'Agria mi ha voluto dare per forza. Vedete che le cose non vanno poi troppo male."
Ciò detto lo zio si alzò e se n'andò per l'uscio del salotto con passo franco, mostrando anche da tergo la sua faccia eretta, il suo modesto ventre pacifico, la sua serenità di filosofo antico. Franco, ritto sul limitare della terrazza, con le braccia incrociate sul petto e le sopracciglia aggrottate, guardava verso Cressogno. Se in quel momento egli avesse avuto fra le mascelle un fascio di Delegati, di Commissari, di birri e di spie, avrebbe tirato tale un colpo di denti da farne una melma sola.
6. L'asso di danari spunta
La barca è pronta
, disse Ismaele, entrando senza complimenti con la pipa nella sinistra e una lanterna nella destra.
Che ore sono?
, domandò Franco.
Undici e mezzo.
Il tempo?
Nevica.
Bene
, esclamò lo zio, ironicamente, allargando le gambe davanti alla vampa del ginepro che scoppiettava nel caminetto.
Nel minuscolo salottino assediato dall'inverno Luisa stava mettendo, ginocchioni, un fazzoletto al collo di Maria, Franco aspettava col cappuccio di sua moglie in mano e la Cia, la vecchia governante, col cappello in testa e le mani nel manicotto, andava brontolando al suo padrone: "Che signore è mai Lei!
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