Il Gilardoni era uscito il primo e stava sul sagrato ad aspettare donna Ester con l'ombrello aperto. Ella venne a braccetto di Luisa, e la perfida Luisa, malgrado il pregar sommesso della compagna, disse al professore: "Ecco la Sua dama". Ester non ebbe il coraggio di rifiutar il braccio del Gilardoni ma gli osservò ridendo che splendevano mille stelle.
Il Gilardoni guardò il cielo, mise fuori due o tre frasi senza senso comune e chiuse l'ombrello. Non nevicava più, sopra il Boglia il cielo era lucido, s'udiva in alto un rombo continuo. "Vento, vento!", disse Ismaele raggiungendo la comitiva. "Vado a piedi! Vado a piedi!", gemette allora la Cia che aveva una gran paura del lago. Intanto la gente, uscendo di chiesa, urtò e scompose il gruppo, lo trasse giù per la scalinata. I sei viaggiatori e il barcaiuolo si riunirono da capo sulla piazza di S. Mamette e lì donna Ester dichiarò che non si sentiva troppo bene, che rinunciava al punch e che sarebbe andata a casa a piedi con la Cia.
Il professore taceva in disparte.
Franco e Luisa capirono che non c'era da insistere e le due donne s'avviarono a Oria con la scorta d'Ismaele il quale doveva ritornar poi a prendere i Maironi e la barca.
Una lucerna modérateur era accesa nel salotto del Gilardoni, un bel fuoco ardeva nel caminetto, il Pinella aveva preparato ogni cosa per il punch e chi lo fece fu Luisa perché il professore pareva aver perduto la testa, non faceva che darsi dello stupido e della bestia. Sulle prime non gli si poté cavar niente; poi vennero fuori, poco a poco, la storia del paradiso sotto l'ombrello e certe infernali conseguenze di quel paradiso.
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