Luisa pensava al grido di suo marito. Il Gilardoni s'accorse ch'era in sospetto di un segreto e le domandò, per toglierla da quel pensiero, se Franco intendesse partire presto. Fu questi che rispose. Dipendeva da una lettera di Torino. Fra una settimana, forse; tutt'al più fra quindici giorni. Luisa taceva e il discorso cadde. Franco parlò allora di politica, delle probabilità che la guerra scoppiasse a primavera. Anche questo discorso morì presto. Pareva che il Gilardoni e Luisa pensassero ad altro, che ascoltassero il batter delle onde ai muri dell'orto. Finalmente Ismaele ritornò, ebbe il suo punch, assicurò che il lago non era troppo cattivo, che si poteva partire.
Appena i Maironi furono in barca, appena Maria vi riprese il sonno, Luisa domandò a suo marito se vi fosse una cosa ch'ella non sapeva e che il Gilardoni non doveva dire.
Franco tacque.
Basta
, diss'ella. Allora suo marito le passò un braccio al collo, la strinse a sé, protestando contro parole che ella non aveva dette: "Oh Luisa, Luisa!".
Luisa si lasciò abbracciare ma non rispose all'abbraccio; onde suo marito, disperato, le promise subito di dirle tutto, tutto. "Mi credi curiosa?", sussurrò ella fra le sue braccia. No, no, egli voleva raccontarle ogni cosa subito, dirle perché non avesse parlato prima. Ella si oppose; preferiva che parlasse più tardi, spontaneamente.
Avevano il vento in favore e il lume che brillava ad una finestra della loggia serviva bene di mira a Ismaele. Franco tenne sempre abbracciato il collo di sua moglie e guardava tacendo quel punto lucente.
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