Solo quando i quattro cavalli ebbero ripreso il trotto, Gilardoni domanḍ al prete suo vicino se conoscesse il nome del giovine e quegli rispose bruscamente "off!", giṛ verso il professore due occhi sgomentati e sospettosi. Il professore guarḍ l'altro prete che subito trasse di tasca una corona e fattosi il segno della croce si mise a pregare. Il professore torṇ a chiudere gli occhi e l'immagine del giovane sconosciuto si perdette per sempre nella nebbia come parevano perdervisi i rari fantasmi d'alberi, di pioppi e di salici, che passavano a destra e a sinistra della via.
Come incominciare?
, pensava il Gilardoni. Dalla notte di Natale in poi non aveva fatto che immaginare e discutere fra sé il modo di presentarsi alla marchesa, di entrar nell'argomento e di svolgerlo, la capitolazione da offrire. Non aveva chiara in mente che quest'ultima; ove la signora marchesa facesse un largo assegno al nipote, egli distruggerebbe le carte. Queste carte non le teneva seco; ne aveva una copia. Dovevano produrre un effetto fulmineo; ma come incominciare? Nessuno dei tanti esordi pensati lo accontentava. Anche adesso, fantasticando ad occhi chiusi, si poneva il problema partendo dal solo termine conosciuto: "Si accomodi. Cosa desidera?". Immaginava una risposta che poi gli pareva o troppo ossequiosa o troppo ardita o troppo lontana dall'argomento o troppo vicina ad esso e ricominciava la via dal solito principio: "Cosa desidera?".
Un livido chiaror d'alba, pieno d'uggia, di tristezza e di sonno, entṛ nella diligenza.
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