Il domestico ritornò ad annunciare, con grande emozione del Gilardoni, il prossimo ingresso della signora marchesa. Aspetta e aspetta, ecco aprirsi un grande uscio a fregi dorati, ecco un campanellino corrente, ecco Friend che trotta dentro fiutando il pavimento a destra e a manca, ecco una gran campana di seta nera sotto un cupolino di pizzo bianco, ecco fra due nastri celesti la parrucca nera, la fronte marmorea, gli occhi morti della marchesa.
Che miracolo, professore, a Lodi?
, disse la voce sonnolenta, mentre il cagnolino fiutava gli stivali del professore. Questi fece un profondo saluto e la dama che pareva appunto l'ampolla dell'essenza di vecchiaia, andò a porsi in un seggiolone accanto al fuoco e fece accomodare la sua bestiola in un altro; dopo di che accennò al Gilardoni di accomodarsi pure. "Suppongo", diss'ella, "che avrà qualche parente alle Dame Inglesi."
No
, rispose il professore, "veramente no."
La marchesa era faceta, qualche volta, alla sua maniera. "Allora", disse, "sarà forse venuto a far provvista di mascherponi."
Neanche, signora marchesa. Sono venuto per affari.
Bravo. È stato disgraziato col tempo. Mi par che piova, adesso.
A questa impreveduta diversione il professore ebbe paura di perdere la tramontana. "Sì", diss'egli sentendosi diventare sciocco come lo scolaro cui l'esame piega male: "pioviggina".
La sua voce, la sua fisionomia dovettero tradire l'imbarazzo interno, apprendere alla marchesa che egli era venuto per dirle qualche cosa di particolare. Ella si guardò bene dall'offrirgliene il bandolo, continuò a parlargli del tempo, del freddo, dell'umido, di un raffreddore di Friend che infatti accompagnava di frequenti starnuti il discorso della sua dama.
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