La faccia era oscura e le mani tremavano.
Il professore stava per andare a letto nella sua camera gelata del Sole, quando due poliziotti vennero a recargli l'ordine di recarsi immediatamente all'ufficio di Polizia.
Egli sentì bene un certo rimescolamento interno ma non si smarrì e partì con essi. Alla Polizia, un piccolo Commissario insolente gli domandò perché fosse venuto a Lodi e avutone risposta che c'era venuto per affari privati, fece un atto d'incredulità sprezzante. Che affari privati pretendeva avere a Lodi il signor Gilardoni? Con chi? Il professore nominò la marchesa. "Ma se nessuna Maironi sta a Lodi!", esclamò il Commissario, e perché l'altro protestava, lo interruppe subito: "Basta, basta, basta!". La Polizia sapeva di certo che il signor Gilardoni, quantunque I. R. pensionato, non era un leale austriaco, che aveva degli amici a Lugano e ch'era venuto a Lodi con un fine politico.
Lei ne sa più di me!
, esclamò il Gilardoni soffocando a stento la collera.
Faccia silenzio!
, gl'intimò il Commissario. "Del resto Ella non deve credere che l'I. R. Governo abbia paura di Lei. È libero di andare. Solamente deve lasciar Lodi entro due ore!"
Qui Franco avrebbe capito subito di dove veniva il colpo; il filosofo non capì.
Son venuto
, diss'egli, "a Lodi per un affare urgente che non ho finito, per un interesse privato gravissimo. Come posso partire dentro due ore?"
Con una vettura. Se, trascorse due ore, Ella è ancora in Lodi, La faccio arrestare.
La mia salute
, replicò la vittima, "non mi permette di viaggiare di notte in dicembre.
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