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Com'ebbe scritto, tese silenziosamente la lettera al professore. "Oh no!", esclamò il professore dopo aver letto. "Per amor del cielo, non mandi questa lettera! Se Suo marito lo sa! Pensi che dispiacere immenso, per me, per Lei! E come Suo marito non lo avrebbe a sapere?". Luisa non rispose, lo guardo a lungo, non pensando a lui, pensando a Franco, pensando che forse la marchesa potrebbe prendere quella lettera per un artificio, per uno spauracchio. La riprese e la stracciò sospirando. Il professore, raggiante, le voleva baciar la mano. Ella protestò: non lo aveva fatto né per lui né per Franco, lo aveva fatto per altre ragioni! Il sacrificio del suo sfogo la esacerbò, anzi, contro Franco. "Ha torto! Ha torto!", ripeteva col cuore amaro. E né lei né il professore si accorsero che Maria era nella stanza. Vista partir sua madre, la piccina non aveva più voluto restar col Pinella e il Pinella l'aveva condotta fino all'uscio dello studio, gliel'aveva aperto senza far rumore. La piccina, colpita dall'aspetto di sua madre, si fermò a fissarla con una espressione di sgomento. La vide stracciar la lettera, la udì esclamare "ha torto!" e si mise a piangere. Luisa accorse, la prese tra le braccia, la consolò e partì subito. Le ultime parole del professore nel congedarsi, furono: "Per carità, silenzio!".
Cosa, silenzio?
, domandò subito Maria. Sua madre non le badò; tutti i suoi pensieri erano altrove. Maria ripeté tre o quattro volte: "Cosa, silenzio?". Quando finalmente si udì rispondere "zitto, basta" tacque un poco e poi ricominciò rovesciando all'indietro la sua testolina ridente, proprio per stuzzicar la mamma: "Cosa, silenzio?
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