Al pover'uomo pareva di stare in un turbine magnetico.
Ecco capitare, molto inattesa perché dopo la perquisizione non s'era più veduta, anche la signora Peppina. "Oh cara la mia süra Lüisa! Oh car el me sür don Franco! L'è vera ch'el voeur propi andà via?" Adesso è il Paolin che si dimena un poco sulla sedia perché ha l'idea che la süra Peppina sia mandata dal marito per vedere chi c'è e chi non c'è intorno all'uomo sospetto, nella casa scomunicata. Vorrebbe andarsene subito col suo Paolon, ma il Paolon è più grosso. "Come se fa adèss con sto vioròn chì ch'el capiss nagott?", pensa il Paolin, e, senza guardare il Paolon, gli dice sottovoce: "Andèmm, Paol! Andèmm!" Il Paolon stenta infatti molto a capire ma finalmente si alza, se ne va col Paolin, piglia la sua sulle scale.
Franco ebbe lo stesso pensiero del Paolin e salutò la signora Peppina con mal garbo. La povera donna ne avrebbe pianto perché voleva tanto bene a sua moglie e teneva in gran concetto anche lui; ma capiva la sua avversione; la scusava in cuor suo. Appena osava guardarlo di tempo in tempo, umile, con un'aria di cane bastonato. Si tolse la Maria sulle ginocchia, le parlò del suo buon papà, del suo caro papà che andava via. "Chi sa che dispiasè, neh ti poera vèggia? Chi sa che magòn? Poer ratin. Andà via el papà! On papà de quella sort!" Franco discorreva col professore ma udiva e fremeva d'impazienza. Fu contentissimo che la Veronica venisse a chiamarlo.
Lo volevano nell'orto. Vi discese, trovò il signor Giacomo Puttini e don Giuseppe Costabarbieri ch'eran venuti per salutarlo ma, informati dal Paolin e dal Paolon, desideravano non farsi vedere dalla süra Peppina.
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