Tutti stupirono e sopra tutti la süra Peppina: "Ma comè? El dis de bon? El sür Controlòr? Poer omasc! Anca la süra Barborin? Poera donnètta!". Si commentò il fatto. Chi supponeva una cosa e chi un'altra. Dopo cinque minuti Pasotti entrò strepitando, trascinandosi dietro la signora Barborin carica di scialli e di fagotti, mezza morta dal freddo. Povera creatura, non sapeva dir altro che "dò ôr! dò ôr in barca!" mentre suo marito schiamazzava ghignando negli occhi diabolici: "Le fa bene, le fa bene! Le ho cacciato giù un bicchierino di ginepro a Porlezza. Ha fatto smorfie d'inferno, ma sta benone!". La povera sorda, indovinando che parlava del ginepro, girava gli occhi per il soffitto, rifaceva le smorfie di Porlezza. Pasotti non era mai stato così espansivo. Baciò la mano a Luisa, abbracciò l'ingegnere e Franco accompagnando gli atti con effusioni e profluvi di sentimento. "Carissima donna Luisa! Signora ammirabile e perfetta. Car el me Peder! Car el me re de coeur! Il mondo è grande ma on alter Peder el gh'è propri no, va là! E questo don Franco! Caro il mio Francone! Pensare come t'ho veduto io! In sottane e grembialino. Quando andavi a rubar i fichi al prefetto della Caravina! Sto baloss chì!"
Il "baloss" non faceva il viso più incoraggiante del mondo ma l'altro non se ne dava per inteso. Altrettanto poco poteva intendersi sua moglie con le signore che l'interrogavano.
Come l'ha mai faa, süra Pasotti
, le gridava la signora Peppina, "a vegnì in Valsolda de sto temp chì?" "Oh dèss, la capiss nient, poera donnètta.
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