Franco a udirsi parlar da lei di carità, s'irritò, non osò dire che si sentiva superiore a un attacco simile, ma ritorse poco generosamente il colpo. "Ecco!", esclamò con una reticenza piena di sottintesi. "Tu lo difendi! Già!".
Luisa ebbe un sussulto nervoso delle spalle, ma tacque.
E perché non parlare, tu?
, riprese Franco. "Perché non raccontarmi tutto subito?"
Perché quando rimproverai Gilardoni egli mi supplicò di tacere ed io credetti, com'era anche vero, che fosse inutile, a cosa fatta, darti un dispiacere così grande. L'ultimo dì dell'anno, quando sei andato in collera, volevo dirtelo, volevo raccontarti ciò che mi aveva confidato Gilardoni, te lo ricordi? E tu non hai assolutamente voluto. Non ho insistito anche perché Gilardoni ha detto alla nonna che noi non ne sapevamo niente.
Non lo ha creduto! Naturale!
E se io parlavo cosa ci poteva far questo? Così Pasotti avrà ben capito che tu non sapevi niente!
Franco non replicò. Allora Luisa gli chiese di raccontarle il colloquio e stette ad ascoltarlo senza batter ciglio. Ella indovinò, con l'acume dell'odio, che se Franco avesse accettato di entrare negl'impieghi, sarebbe venuta fuori l'ultima condizione: separarsi dallo zio, da un impiegato destituito per ragioni politiche. "Certo!", diss'ella, "avrebbe voluto anche questo! Canaglia!" Suo marito trasalì come se quella scudisciata avesse toccato il sangue anche a lui... "Adagio", diss'egli, "con queste parole! Prima, è una supposizione tua; e poi..."
È una supposizione mia? E il resto?
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