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      E passō anche la cara piccola chiesa cinta d'ulivi sotto le rupi paurose del picco di Cressogno. Addio, chiesa, addio, tempo passato.
      Ricordati
      , disse Franco quasi duramente, "che Maria deve dire le sue preghiere ogni mattina e ogni sera. Č un comando che ti do."
      Lo avrei fatto anche senza comando
      , rispose Luisa. "So che Maria non appartiene solo a me."
      Silenzio fino a Porlezza. L'uscir dalla cala placida della Valsolda, il veder altre valli, altri orizzonti e il lago segnato dalle prime brezze dell'alba, traevano i due viaggiatori ad altri pensieri, li facevano pensare, senza che ne sapessero il perché, all'avvenire incerto precorso da bisbigli annunciatori di grandi cose, che passavan di furto per il pesante silenzio austriaco. Si udė qualcuno gridare dalla riva di Porlezza e Ismaele si mise a remar di lena. Era il vetturino, il Toni Pollėn, che gridava di far presto se non si voleva perdere il vapore a Menaggio.
      Ecco gli ultimi momenti. Franco abbassō il vetro dell'usciolino, guardō quell'uomo come se avesse un grande interesse di udirne le parole.
      Quando approdarono si voltō a sua moglie. "Esci anche tu?" Ella rispose: "Se credi". Uscirono. Una carrettella era sulla riva, pronta. "Guarda", disse Luisa, "che nella borsa troverai da far colazione." Si abbracciarono, si scambiarono un bacio rapido e freddo davanti tre o quattro curiosi. "Fa che Maria", disse Franco, "mi perdoni di esser partito cosė", e furono le ultime sue parole perché il Toni Pollėn insisteva, "presto, presto!


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Piccolo mondo antico
di Antonio Fogazzaro
pagine 421

   





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