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      Gli parve di mettersi in un mare senza fine e senza principio, di non potervisi dirigere. Il disegno scolastico della trattazione, quella uniformità nella forma dell'argomentare pro e contro, quel gelido latino denso di profondo pensiero e incolore alla superficie, gli schiacciarono in tre giorni tutta la buona volontà. Gli argomenti dell'abbozzo di lettera non li capì che in piccola parte. Se li fece spiegare, li intese meglio, si dispose a scendere in campo con essi e si trovò impacciato come David nell'armatura di Saul. Gli pesavano, non li poteva maneggiare, senti che non erano roba sua e che non lo sarebbero diventati mai. No, egli non poteva presentarsi a sua moglie col tricorno e con la tonaca del professor G., impugnando una lancia di teologia e coprendosi con uno scudo di metafisica. Riconobbe che non era nato per filosofare in nessun modo; gli mancava persino l'organo del rigido ragionamento logico; o almeno il suo bollente cuore, ricco di tenerezze e di sdegni, voleva troppo parlare anche lui, a favore o contro, secondo la propria passione. Suonando una sera a casa C., tutto fremente e con gli occhi sfavillanti, l'andante della suonata op. 28 di Beethoven, gli capitò di dire a mezza voce: "Ah questo, questo, questo!". Nessun Padre, pensava, nessun Dottore potrebbe comunicar il sentimento religioso come Beethoven. Metteva, suonando, tutta l'anima sua nella musica e avrebbe pur voluto esser con Luisa, suonarle il divino andante, unirsi a lei pregando in un inenarrabile spasimo dello spirito, così. Né gli venne in mente che Luisa, la quale del resto sentiva la musica molto meno di lui, avrebbe piuttosto dato all'andante il senso del doloroso conflitto fra il proprio affetto e le proprie idee.


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Piccolo mondo antico
di Antonio Fogazzaro
pagine 421

   





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