Credo l'abbia fatto per desiderio del Dina perché esitava, gittava qualche rapida occhiata ai miei panni i quali mostrano aperto il canchero della borsa. Pensa se mi fu agevole il trarmi d'impaccio!
Panni vetustiFedeli e frusti
vi debbo anche per questo una gratitudine che non rifiuto.
In teatro non si parlava che di Sebastopoli. I più credono che la pace non si farà, che l'Inghilterra non vorrà posare le armi prima d'aver levato ai russi per cinquant'anni il prurito delle conquiste. Uscendo dal teatro udii il deputato B., un fiero avversario della spedizione, dire a qualcuno: "Hanno preso la loro tomba. Un piccolo Napoleone, una piccola Mosca!". Io dissi forte: "Hanno preso Verona". B. mi guardò con due occhi fulminei e io guardai lui senza abbassare i miei. Egli si strinse nelle spalle e se n'andò. Salii nella mia soffitta e mi posi a scrivere l'appendice sui margini di un giornale onde non sciupare carta.
Scrivi, cancella, riscrivi e ricancella, ne son venuto a capo alle quattro del mattino. Qui mi dicono che i miei periodi hanno una forma troppo classica e che adopero troppi vocaboli e modi toscani. "Già, Lei, col Suo Giusti!", mi ha detto D. Il guaio è ch'io non so scrivere un italiano piemontese come forse piacerebbe a lui. Intanto mi son buscato un bellissimo e lucentissimo scudo nuovo di zecca con un Vittorio Emanuele così parlante che potrebbe farvi svenire dalla commozione, come svenne ier l'altro all'hôtel della Liguria una signora veneta vedendo passare alla testa d'una colonna di fanteria il generale Giannotti che scambiò, in grazia de' baffi maiuscoli, per il Re. Io serberò lo scudo, ve lo porterò a Lugano, tu lo porrai da parte e sarà la prima pietra della dote di Ombretta.
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