Ella si accorse, per fortuna, che il professore pareva sempre meno brutto alla sua fidanzata. Perciò quando lo vide comparire così per tempo, sapendo che più tardi lo avrebbe lasciato solo con Ester per andare a incontrar la nonna, le venne subito in mente che quello poteva essere il giorno del "basìn". Ma il professore si presentò tutto accigliato. Aveva cattive notizie. A San Mamette si diceva che fosse stato arrestato e condotto a Como il medico di Pellio, che gli avessero trovato lettere e note compromettenti per altre persone fra le quali si nominava don Franco Maironi.
Per Franco non ho angustie
, disse Luisa. "Del resto, senta, professore: vuol dire che porremo nel conto dell'imperatore d'Austria anche il dottore di Pellio ch'è bello grosso e pesa un mucchio di libbre, ma non pensiamo a malinconie in un giorno come questo. Oggi e il giorno del Suo basìn."
Ah sì? Ah sì?
, fece il professore tutto rosso e ansante. "Dice davvero, signora Luisina? Dice davvero?"
Sì, ell'aveva parlato sul serio. Gli spiegò che se Ester veniva come aveva detto, alle due, li avrebbe, dopo una mezz'ora, lasciati soli. In loggia c'era sempre lo zio ma non conveniva seccarlo. Potevano restare in sala.
E allora, con buon garbo, si fa il colpo
, diss'ella. "Ma prima io voglio avere da Lei una promessa."
Che promessa?
Mi occorrono le famose carte.
Quando vorrà.
Guardi che le domando io, non Franco.
Sì, sì, quello che Lei fa è tutto bene. Domani Le porterò le carte.
Bravo.
Luisa discorreva con la sua calza fra le mani, sferruzzando sempre, con un'apparenza di tranquillità ilare che non riusciva a coprir del tutto la sovreccitazione interna, predisposta dal giorno prima, cresciuta coll'insonnia, crescente a misura che si avvicinava il momento di partire.
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