No; perché?
Perché vedo che ti tasta il polso.
Le cose erano avviate bene, pareva. Luisa portò via la piccina, le proibì di avvicinarsi mai più a quei signori. Un momento dopo passò lo zio Piero, disse che andava di sopra a scrivere alcune lettere e avvertì Luisa di badare alle finestre della loggia, perché veniva un temporale. "Addio, signorina Ombretta!", diss'egli. "Addio, signor Pipì", rispose la bambina, petulante. Egli se ne andò, ridendo.
Luisa, che ormai durava fatica a star ferma, uscì per la terza volta sulla terrazza, guardò col cannocchiale. Il cuore le diede un balzo; la gondola spuntava al Tentiòn.
Erano le due e un quarto.
Una persona che veniva da Albogasio s'era fermata a discorrere sul sagrato con qualcuno che scendeva dalla scaletta sul fianco di casa Ribera. Diceva: "È passata giù in questo momento col signor Pasotti, la portantina. C'era dietro una quantità di ragazzi".
Il cielo era coperto, adesso, anche sul Picco di Cressogno e sulla Galbiga. Solo i monti del lago di Como avevano ancora un po' di sole. La minaccia del furioso vento temporalesco che in Valsolda si chiama caronasca si era fatta più seria. Sopra Carona il color delle nuvole andava confondendosi a quello dei monti. Il nuvolone della Zocca d'i Ment era diventato turchino cupo e anche il Boglia cominciava ad aggrottar le ciglia. Il lago era immobile, plumbeo.
Luisa aveva stabilito di partire quando la gondola fosse arrivata in faccia a S. Mamette. Ritornò in sala. Maria le aveva obbedito in parte, non s'era mossa dal suo posto, ma vedendo che il professore faceva ad Ester un discorso lungo e animato, gli aveva chiesto:
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