Urlò: "Dio, è morta?". Qualcuno rispose: "No, no!". "Il medico?", diss'ella ansando. "Il medico?". Molte voci risposero che c'era.
Ella parve riaver tutta la sua energia, riprese lo slancio e la corsa. Otto o dieci persone si precipitarono dietro a lei. Due sole poterono seguirla. Volava. Al cimitero incontrò Ismaele e un altro, gridò appena li vide:
È viva? È viva?
. Il compagno d'Ismaele ritornò indietro di corsa per andar ad avvertire che la madre veniva. Ismaele piangeva, seppe solamente rispondere: "Esüsmaria, sciora Luisa!", e fece atto di trattenerla. Luisa lo urtò freneticamente via, passò oltre, seguita da lui che aveva perduta la testa e adesso le gridava dietro, correndo: "L'è forsi nient! l'è forsi nient!". Pareva che la pioggia dirotta, continua, eguale, lo smentisse piangendo.
Giunta ansante sul sagrato di Oria, Luisa ebbe ancora la forza di gridare: "Maria! Maria mia!". La finestra dell'alcova era aperta. Udì la Cia che piangeva ed Ester che la sgridava. Alcune persone fra le quali il professor Gilardoni le uscirono incontro. Il professore teneva le mani giunte e piangeva silenziosamente, pallido come un cadavere. Gli altri bisbigliavano: "Coraggio! Speriamo!". Ella fu per cadere, esausta. Il professore le cinse la vita con un braccio, la trasse su per le scale che eran gremite di gente, come pure il corridoio, al primo piano.
Luisa passò, quasi portata di peso, fra voci affannose di conforto: "Coraggio, coraggio! Chi sa! Chi sa!". All'entrata della camera dell'alcova, si sciolse dal braccio del professore, entrò sola.
| |
Ismaele Ismaele Luisa Oria Luisa Cia Ester Gilardoni
|