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      Non si fidò di venire a Porlezza, prese il sentiero che presso Tavordo sale per un vallone deserto al Passo Stretto. Agile come un camoscio, arrivò in quattr'ore a Oria, trovò che Franco e l'avvocato si preparavano a partire per un altro avvertimento misterioso pervenuto loro dal curato di Castello, ch'era stato a Porlezza e ne aveva ricevuto l'incarico in confessione. Ismaele doveva guidarli oltre il confine. I passi del Boglia erano guardatissimi. Ismaele si proponeva di passar fra il monte della Nave e Castello per calar poi nella valle, tagliar dritto all'Alpe di Castello sotto il Sasso Grande e di là scendere a Cadro, un'ora sopra Lugano.
      Ma Ismaele doveva venire alle due, e alle due e mezzo non s'era veduto ancora.
      Anche Luisa era in piedi. Stava nell'alcova rammendando un paio di calze di Maria per metterle poi sul lettino dove aveva disposto le cosucce di Ombretta con la stessa cura di quando la piccina era viva. Non aveva voluto vedere né l'avvocato né Pedraglio. Dopo le smanie del funerale il suo dolore aveva ripreso quell'aspetto cupo che più dispiaceva al dottor Aliprandi. Non smaniava più, non parlava; pianto, non aveva mai. Il suo contegno con Franco era un contegno di pietà per l'uomo che l'amava e il cui affetto, la cui presenza le erano, malgrado lei stessa, indifferenti. Franco, sperando nell'impiego di cui gli aveva tenuto parola il suo direttore, aveva parlato di portar seco la famiglia a Torino. Lo zio, poveretto, era disposto anche a questo sacrificio ma Luisa aveva detto chiaro che piuttosto di allontanarsi dalla sua figliuola finirebbe nel lago come lei.


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Piccolo mondo antico
di Antonio Fogazzaro
pagine 421

   





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