Le proibisce di uscire prima del nostro ritorno e anzi mi ha ordinato di portarle via gli abiti."
E si diede a raccogliere rapidamente gli abiti del sior Zacomo, gl'intimò il silenzio in nome del Commissario, pigliò il cappellone a cilindro, arraffò la mazza di canna d'India, ordinò al disgraziato di dare il chiavistello appena uscito lui e di non aprire a nessuno, di non parlare a nessuno prima del ritorno del Commissario e tutto in nome del signor Commissario. Poi, lasciatolo più morto che vivo, raggiunse i compagni che, fruga qua e fruga là, avevano scovato un lurido vestito della Marianna, un fazzolettone rosso, una gerla e una bottiglia di anesone triduo. "Accidenti!", fece l'avvocato, quando vide la roba immonda che doveva mettere. Il suo travestimento andava veramente male, la sottana era corta, il fazzolettone non gli nascondeva abbastanza la faccia, ma non c'era tempo di far meglio. Invece il Pedraglio, cappellone in testa e canna d'India in mano, riescì un sior Zacomo perfetto. L'avvocato gli fece prendere sotto l'ascella uno scartafaccio che trovò in cucina, gl'insegnò come doveva camminare e soffiare. Prese per ultimo le chiavi della cantina, due chiavi enormi, ne diede una al Pedraglio e una ne mise in tasca per due possibili pugni, uno in chiave di violino, disse, e l'altro in chiave di basso. E così uscirono, il prefetto davanti, poi il finto sior Zacomo che soffiava come una macchina a vapore, poi la finta Marianna con la gerla. Appena furono in istrada ecco spuntar la Marianna vera di ritorno da San Mamette con un fiasco vuoto.
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