Anche lì silenzio e deserto. A quella altezza si respirava già un'aria diversa. E come tutte le cime all'intorno erano abbassate! E come il lago, giù nel profondo, pareva diventato un fiume! L'avvocato guardava su amorosamente alla prima cresta del Boglia dove cominciava il gran bosco dei faggi; un'altra mezz'ora di arrampicata. "Andiamo", diss'egli. Ma Pedraglio che aveva nelle gambe la memoria dell'altra gran corsa da Loveno ad Oria per il Passo Stretto, chiese di sostare un altro poco e si mise tranquillamente a sfogliar lo scartafaccio del Puttini, un poema fratesco, inedito, d'un anonimo cremonese del secolo decimosettimo. "Andiamo!", ripeté il suo compagno dopo un paio di minuti, e si alzava già quando udì venir gente. Ebbe appena il tempo di dire "attento!" e di voltar le spalle per non lasciarsi vedere in viso. Pedraglio, pur ficcando il naso nello scartafaccio, vide spuntar sulla strada prima due guardie di finanza e poi due gendarmi. Avvertì l'amico sottovoce, non batté palpebra. Le due guardie si fermarono. Una di loro salutò: "Riverito, signor Puttini", e disse ai gendarmi: "È il primo deputato politico di Albogasio". I gendarmi salutarono pure, Pedraglio si levò il cappello, alzando un poco lo scartafaccio. Le guardie volevano fare un po' di fermata ma un gendarme intimò loro di proseguire e quando vide incamminata la compagnia venne alla Sostra egli stesso. Era di Ampezzo e parlava italiano benissimo. "Tu, cane, non mi conosci, spero", pensò Pedraglio con una torbida coscienza della sua doppia personalità. "Lascia fare a me.
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