I primi esperimenti non riuscirono. Ester, molto annoiata, avrebbe voluto che si rinunciasse a continuare; ma una sera il tavolino, dopo venti minuti di aspettazione, si chinò lentamente da un lato alzando un piede in aria, si riabbassò, tornò ad alzarsi, con grande sgomento di Ester, con gran gioia del professore e di Luisa. La sera dopo bastarono cinque minuti a farlo muovere. Il professore gl'insegnò l'alfabeto e tentò un'evocazione. Il tavolino rispose battendo il piede a terra secondo l'alfabeto suggeritogli. Lo spirito evocato diede il suo nome: Van Helmont. Ester tremava di paura come una foglia, il professore tremava di commozione, voleva far sapere a Van Helmont che aveva in biblioteca le sue opere, ma Luisa lo scongiurò di chiedergli dove fosse Maria. Van Helmont rispose: "Vicina". Allora Ester, pallida come un cadavere, si alzò protestando che non voleva continuare. Né le suppliche né le lagrime di Luisa valsero a persuaderla. Era peccato, era peccato! Ester non aveva un sentimento religioso profondo, ma paura del diavolo e dell'inferno sì, molto. Per parecchio tempo non fu possibile ricominciare le sedute. Ella ne aveva orrore e suo marito non osava contraddirla. Fu Luisa che a forza di scongiuri ottenne una transazione. Le sedute ricominciarono ma Ester non vi prese parte più.
Non volle neanche sapere cosa vi accadesse. Solamente, quando vedeva sua marito preoccupato, distratto, gli gittava un'allusione crucciosa alle pratiche segrete dello studio. Allora egli si affliggeva, offriva di desistere, ed era Ester che si sentiva debole di fronte a Luisa.
| |
Ester Luisa Van Helmont Van Helmont Luisa Maria Helmont Ester Luisa Luisa Ester Ester Luisa
|