Rosa
, disse il professore, piano. Rosa era il nome di una sorellina di sua moglie, morta nell'infanzia, e il tavolino aveva battuto parecchie altre volte questo nome. "Va'", ripeté il Gilardoni, "mandaci Maria."
Il tavolino si rimise tosto in movimento e batté queste parole:
Son qui. Maria.
Maria, Maria, Maria mia!
, sussurrò Luisa con un'espressione, in viso, di beatitudine.
Conosci
, disse il Gilardoni, "la lettera che tuo padre ha scritto a tua madre?"
Il tavolino rispose:
Sì
.
Cosa deve fare tua madre?
Luisa tremava da capo a piedi, aspettando. Il tavolino rimase immobile.
Rispondi
, fece il professore.
Il tavolino si mosse e batté un miscuglio incomprensibile di lettere.
Non abbiamo capito. Ripeti.
Il tavolino non si mosse più. "Ripeti dunque!", fece il professore quasi bruscamente. "No!", supplicò Luisa. "Non insista, non insista! Maria non vuol rispondere!"
Ma il professore voleva insistere. "Non è possibile", diceva, "che lo spirito non risponda. Lei lo sa, ci è successo altre volte di non intendere quel che dice."
Luisa si alzò agitatissima, dicendo che piuttosto di costringere Maria era contenta d'interrompere la seduta. Il professore rimase meditabondo al proprio posto. "Zitto!", diss'egli.
Il tavolino si moveva, ricominciò a batter colpi.
Sì
, esclamò il Gilardoni, raggiante. "Ho domandato col pensiero s'Ella deve andare e il tavolino ha risposto "sì". Ridomandi lei ad alta voce."
Cinque o sei minuti passarono prima che il tavolino si rimettesse in moto. Alla domanda di Luisa "debbo andare?
| |
Gilardoni Maria Maria Maria Luisa Gilardoni Luisa Maria Gilardoni Luisa
|